Coronavirus, Trump e isolamento: a che punto siamo.
Anche in questo ventunesimo aggiornamento settimanale forniremo notizie pratiche sull’infezione da Coronavirus, basate sulle domande che ci vengono poste più spesso. Per facilitare la comprensione, cercheremo di usare il meno possibile termini medici e di semplificare i concetti. Il report non vuole sostituire il ruolo del curante, né quello della sanità regionale, le cui indicazioni invitiamo sempre a rispettare.
COS’È LA CURA TRUMP?
Come avevamo riportato 2 settimane fa, la terapia più efficace al giorno d’oggi è rappresentata dall’uso degli anticorpi o estratti dal siero di pazienti guariti o prodotti in laboratorio. Sembra che i secondi siano stati iniettati al presidente Trump e probabilmente sono responsabili della sua pronta guarigione. La cura è molto costosa e per ora sperimentale, ma è probabile che diventi più accessibile con il passare del tempo.
COME MAI SI PARLA DI UN AUMENTO DELLA PERSISTENZA DEL CORONA NELL’AMBIENTE? IL VIRUS È CAMBIATO?
Una ricerca australiana ha fatto scalpore perché ha dimostrato che il virus durerebbe per 28 giorni, specie sulle superfici non porose contro i 2-3 giorni degli studi precedenti. Bisogna dire che lo studio è stato effettuato in condizioni difficilmente esistenti in natura: sono state usate pure particelle virali, alla temperatura di 20° C e al buio, per evitare l’effetto dei raggi UV. In natura le particelle virali sono inglobate nella saliva o nelle secrezioni respiratorie, per cui vengono a contatto con le difese del corpo e il virus resiste di meno. Inoltre, come abbiamo già visto, i raggi UV hanno una potente carica disinfettante.
PERCHÈ CERTE VOLTE SI PARLA DI QUARANTENA E ALTRE DI ISOLAMENTO?
Per quarantena si intende un periodo in cui la persona che non presenta sintomi ma che è venuta a contatto con l’agente infettivo, deve evitare il contatto con altri soggetti. Di solito viene eseguita nel proprio domicilio, o in luoghi deputati dalle autorità, con modeste misure sanitarie preventive. L’isolamento riguarda invece gli ammalati, i quali devono stare separati dalla comunità, in ambienti protetti che impediscano la trasmissione dell’infezione, finché non si raggiunge la guarigione completa.
PERCHÈ LA RICERCA DEL CORONA NELLE FECI È IMPORTANTE?
Abbiamo già visto in report precedenti che la ricerca delle acque reflue è comoda, costa poco e permette di rilevare la diffusione della malattia in tempi brevi in un grosso numero di persone. Con questo sistema l’Università dell’Arizona ha trovato due studenti che erano negativi ai tamponi ma che avrebbero potuto contagiare molti altri studenti residenti nel college durante la frequentazione di lezioni, mense, palestre. Secondo lo studio, sembra che la presenza di Corona nelle feci preceda quella nel sistema respiratorio e possa rintracciare gli asintomatici molto prima dei tamponi naso-faringei.
IL VIRUS È DIVENTATO MENO AGGRESSIVO?
Anche se i risultati delle ricerche sembrano evidenziare che ci sia una specie di adattamento tra virus e ammalati, in realtà il virus è mutato poco e così sono più efficaci gli anticorpi che produciamo e il vaccino che assumeremo. Rispetto alla prima ondata si infettano di più i giovani perché stanno più assieme in spazi ristretti e il 95% degli infetti è asintomatico o ha pochi sintomi.
SI PARLA DI CHIUDERE I CONFINI DELLE REGIONI PIÙ A RISCHIO. CON CHE CRITERIO?
Ci sono vari criteri adottati dai diversi Stati: in Italia si sta valutando di adottare il criterio di 7-8.000 casi al giorno o di una saturazione delle terapie intensive maggiore del 50%. In Svizzera hanno adottato il criterio di 60 contagi ogni 100.000 residenti negli ultimi 14 giorni; ciò spiega perché abbiano chiuso i confini a chi proviene per esempio dal Veneto.
CI SONO STUDI SCIENTIFICI CHE VALIDANO L’USO DELLE MASCHERINE?
L’esperienza scientifica ha confermato che la mascherina è utile e riesce a diminuire i contagi. Uno studio ha esaminato due gruppi di criceti, uno dei quali separato da una barriera fatta con il materiale delle mascherine. L’infettività era del 25% nel gruppo che era stato distanziato, contro il 75% del gruppo non separato. Un altro studio americano ha stimato che le mascherine e il distanziamento sociale hanno risparmiato 450.000 infezioni.
COS’È IL FATTORE K?
Noi tutti abbiamo imparato a conoscere il fattore R, cioè il numero che indica quante persone contagi un infetto da Corona, mentre è poco noto il fattore K, il quale indica per quanto tempo un agente patogeno sia trasmesso omogeneamente da chi lo ha contratto: se il K è basso, significa che poche persone sono responsabili di tanti contagi, se è alto succede l’opposto e il numero di contagiati è più uniforme. Per fare un esempio pratico, mentre l’influenza ha un K alto, cioè si trasmette in modo uniforme, il Corona ce l’ha basso, cioè la trasmissione sarebbe variabile dal superdiffusore a quello scarso. Questo dato è importante perché ci permette di capire se dobbiamo bloccare gli eventi di diffusione dell’infezione.