Vermi e Coronavirus
Anche in questo quarantaseiesimo aggiornamento settimanale forniremo notizie pratiche sull’infezione da Coronavirus, basate sulle domande che ci vengono poste più spesso. Il report non vuole sostituire il ruolo del curante, né quelle della sanità regionale, le cui indicazioni invitiamo sempre a rispettare.
Per chi lo desiderasse, giovedì 15 aprile, il dott. Mario Canciani sarà presente su UdineseTV, canale 110, alle ore 21.00. Si parlerà anche di rinite e di malattie allergiche. Poiché non si potranno fare delle domande in diretta, chi avesse dei quesiti, può mandarli a: studio@mariocanciani.com.
PERCHÉ ANCHE IL VACCINO JOHNSON&JOHNSON CAUSA PROBLEMI?
La scorsa settimana abbiamo illustrato le caratteristiche del vaccino Johnson&Johnson che utilizza come vettore un adenovirus – come il vaccino AstraZeneca – però di tipo umano e non derivato dallo scimpanzé. Secondo i primi dati americani, sembra che causi episodi di trombosi in meno di un vaccinato su 1 milione, come con la stessa frequenza dell’AstraZeneca. A parere di alcuni ricercatori tedeschi, sembra che la complicanza sia causata dalla liberazione del codice genetico dell’adenovirus presente nel vaccino, che stimolerebbe la cascata infiammatoria dell’organismo e quindi la trombosi.
HA SENSO CAMBIARE LA SECONDA DOSE DI VACCINO?
La comunità scientifica è divisa sull’opportunità di eseguire la seconda dose con un vaccino diverso, quando il primo è stato AstraZeneca e ha creato dei problemi. Per fugare questi dubbi proprio oggi è partito uno studio all’Istituto Spallanzani di Roma su 600 volontari divisi in due gruppi: uno assumerà la stessa dose, l’altro un altro tipo di vaccino. Entrambi i gruppi verranno valutati per quanto riguarda la comparsa di effetti collaterali. In Italia per ora si è deciso di fare la seconda dose con un vaccino diverso da AstraZeneca a chi ha meno di 60 anni e ha avuto reazioni con la prima dose del vaccino.
PERCHÉ IL VACCINO ASTRAZENECA ORA VIENE CONSIGLIATO A CHI HA PIU’ DI 60 ANNI E PRIMA ERA IL CONTRARIO?
Perché man mano che si procede con le vaccinazioni, ci si è accorti che la complicanza più grave, cioè la trombosi, è più rara negli anziani, probabilmente perché essi producono meno anticorpi e linfociti, i quali se prodotti in eccesso attivano una cascata infiammatoria che può portare alla trombosi. Come abbiamo detto più volte, la scienza deve cambiare opinione in base all’esperienza e alle prove accumulate nel tempo, per cui non ci si deve meravigliare di questi cambiamenti di opinioni e di indicazioni.
È VERO CHE IL VACCINO PFIZER NON PROTEGGE DALLA VARIANTE SUDAFRICANA?
Israele, che ha vaccinato il 60% della popolazione e tutta quella a rischio, ha dimostrato che gli anticorpi prodotti dal vaccino Pfizer non sono protettivi contro questa variante del Coronavirus: mentre la variante è presente nell’1% degli ammalati di Covid, essa raggiunge l’8% in quelli vaccinati con Pfizer, come se il vaccino selezionasse questa variante. Non ci sono dati per il vaccino Moderna, perché è stato somministrato in meno persone. Pfizer ha subito replicato con uno studio eseguito in Sudafrica dove su 800 persone sotto controllo si sono verificati 8 casi di Covid, tutti nel gruppo non vaccinato. Come abbiamo già sottolineato questi vaccini a mRNA possono essere rimodulati nel tempo, adattandoli in breve alla comparsa delle varianti, senza bisogno di eseguire nuovi studi e nuove autorizzazioni.
COSA C’ENTRANO I VERMI CON IL COVID?
La Niclosamide, utilizzata per la cura dei parassiti intestinali, agirebbe su degli enzimi che favoriscono la formazione di grosse cellule polmonari, chiamate sincizi, che attivano poi le piastrine e favoriscono la trombosi, cioè la chiusura dei vasi. Il farmaco, inibendo questi enzimi, diminuisce il rischio di trombosi, che è la più pericolosa complicanza del Coronavirus. Fa piacere che questa ricerca, che è stata pubblicata su una delle più prestigiose riviste mediche mondiali, derivi dalla collaborazione tra ricercatori del Friuli Venezia Giulia e del King’s College di Londra.
COME SI PUÒ USCIRE DALLA PANDEMIA?
Analizzando gli studi scientifici prodotti nel mondo, si è vito che se ne può uscire con 2 strategie, oltre alla vaccinazione di massa: 1) rintracciando gli ammalati e i contatti e circoscrivendo i focolai in modo serrato, come hanno fatto Corea e Finlandia; 2) limitando la partecipazione nei luoghi pubblici a chi è provvisto del “bollino verde”, cioè chi ha già gli anticorpi contro il Corona e limitando l’ingresso allo Stato solo a chi è provvisto di passaporto vaccinale, tamponi negativi e ha attuato una rigorosa quarantena, come ha fatto Israele e 3) in questi giorni la Danimarca ha attuato la politica del bollino verde con misure ancor più restrittive: accesso ai luoghi pubblici solo ai vaccinati con due dosi; per 3 giorni a chi ha il tampone negativo; a chi ha contratto la malattia, dopo 2 settimane dalla negatività del tampone e per ulteriori 10 settimane.
PERCHÉ L’ASMA É CALATA DURANTE LA PANDEMIA?
Questa è un’evidenza di tutti i giorni, che ora è stata confermata da una ricerca collaborativa svolta in Galles, Scozia, Inghilterra e Corea del Sud. Sebbene l’asma – soprattutto se non ben controllato – sia un fattore di rischio per la Covid19, si è notato un calo del numero e della gravità degli attacchi asmatici probabilmente per merito delle misure di prevenzione e di distanziamento sociale, che hanno limitato la trasmissione anche di altri virus respiratori, che sono la causa principale delle ricadute d’asma.